La diversità quale indice di unicità e fonte di ricchezza. Ne sa qualcosa Martina Caironi, prima atleta al mondo amputata sopra il ginocchio ad aver corso i 100mt piani in meno di 15 secondi – per la precisione, 14’61 il crono fatto registrare ai recenti Mondiali paraolimpici di atletica leggera svoltisi a Doha, Qatar.
Una diversità che per l’atleta bergamasca è stata sinonimo di varietà e poliedricità.
Lo sport ha infatti sempre avuto un ruolo centrale nella vita di Martina che ha approcciato diverse discipline prima di approdare definitivamente all’atletica leggera; e in tutte, dal calcio alla pallavolo, passando per il nuoto prima e per il pattinaggio artistico su rotelle poi, l’attuale portacolori delle Fiamme Gialle ha dimostrato di saperci fare.
Divertimento e motivazione per dare sempre il meglio e ottenere il massimo, le due chiavi di volta grazie alle quali è riuscita a continuare a vivere e ad emergere nella vita e nello sport. Sì, perché la sua carriera di atleta sembrava essersi definitivamente spezzata una fredda mattina di novembre di qualche anno fa quando, a causa di un incidente provocato da un pirata della strada, è stata necessaria l’amputazione del suo arto sinistro. Tutto sembrava doversi interrompere; i suoi sogni sembravano dover essere abbandonati; le sue attrezzature sportive sembravano dover essere per sempre appese al chiodo.
E invece … e invece, la svolta nel centro di riabilitazione di Vigorso di Budrio.
E’ proprio qui che Martina si rende conto della propria unicità, riuscendo a tramutare una disgrazia in un punto di forza. Dopo il comprensibile sconforto iniziale, recupera presto il coraggio, la determinazione e la voglia di vivere che l’incidente in motorino era riuscito a scalfire solo superficialmente; e grazie alle quali la ragazza si rende conto di poter nuovamente tornare a praticare il suo amato sport: sono proprio le foto degli atleti paraolimpici appese alle pareti del centro riabilitativo ad ispirarla e a spronarla per questa sua seconda esistenza, fino a tramutare lei stessa, ormai da qualche tempo, in fonte di ispirazione per persone che si trovano nelle sue stesse condizioni.
Già, perché Martina oggi è un modello, un esempio da seguire sia per atleti normodotati che per quelli con disabilità: la sua ricchezza interiore riemersa dopo l’incidente, le ha permesso di affacciarsi alla vita con occhio nuovi. Senza abbattersi, ma facendo tesoro delle proprie esperienze e della propria diversità, si è avvicinata all’atletica leggera; quell’atletica leggera che le ha fatto girare il mondo, conoscere tante persone, visitare posti nuovi e inanellare un record dopo l’altro. E pensare che lei, da ragazzina, riusciva spesso a perdere l’autobus che avrebbe dovuto portarla a scuola perché non era molto brava nella corsa…
A cura di Chiara Franzetti