Intervista a Stefano Ghisolfi

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Come e quando ti sei avvicinato al mondo dell’arrampicata?
Dopo una gara in bicicletta in val d’Aosta degli amici ci hanno portato a provare ad arrampicare su una diga attrezzata. Da quel momento io e mia sorella abbiamo cercato il modo di continuare e abbiamo seguito un corso base in una palestra a Torino, poi abbiamo cominciato a fare delle garette e non abbiamo più smesso.

Da piccolo quali erano gli sport che praticavi? E’ stato un amore a prima vista l’arrampicata o ci sei arrivato per gradi?
Ho iniziato a 6 anni a fare gare di mountain bike e ho continuato fino a 12 anni, mio padre è maestro di mountain bike e ci portava sempre in bici e alle gare di categoria. Per 2 anni ho praticato anche hockey su ghiaccio prima di iniziare ad arrampicare. Poi con l’arrampicata è stato un colpo di fulmine, mi sono trovato subito a mio agio e ho capito che era il mio sport.

Che ruolo hanno avuto i tuoi genitori, la tua famiglia nello spingerti a praticare sport e nell’incoraggiarti ad arrivare dove sei arrivato?
Mi hanno sempre accompagnato alle gare, sia in bicicletta che poi dopo arrampicando. Hanno spinto me e mia sorella a fare sport e allo stesso tempo ci hanno lasciato libertà di prendere la nostra strada, sostenendoci sempre e accompagnandoci quando ne abbiamo avuto e ne abbiamo bisogno.

Mente, cuore e corpo: in che proporzione contano in quello che fai?
Il cuore è la passione, fondamentale per continuare ogni giorno a fare quello che faccio, il motore delle mie azioni e la motivazione ad andare avanti senza sapere fino a che punto arriverò. La mente dirige tutti gli sforzi ed è la centralina che sceglie gli obiettivi e programma tutto in funzione di questi. Il corpo viene alla fine, è meno importante di quello che si pensa, si adegua solamente agli allenamenti e si adatta, ma è spinto dalla mente che a sua volta è spinta dal cuore.

Cosa ti sentiresti di consigliare ai più piccoli che si avvicinano oggi alla tua disciplina?
Dico di non avere paura di avvicinarsi all’arrampicata…spesso è vista come uno sport estremo, ma in realtà può cominciare come un gioco, divertente, perché arrampicarsi fa parte degli schemi motori di base e per i più piccoli diventa un’attività didattica e coordinativa perfetta.

Quali sono i valori chiave per te nello sport che pratichi e che possono essere usati dai più giovani nella vita di tutti i giorni e dai manager all’interno delle organizzazioni aziendali?
Uno dei valori più importanti nell’arrampicata e che ho imparato negli anni è la lealtà verso gli altri e verso se stessi. Fuori dal mondo delle gare esiste il mondo della roccia. Lì non ci sono giudici, a volte se fai qualcosa di importante o di difficile non c’è nessuno a vederti, teoricamente puoi barare o mitigare una prestazione. Essere leali significa ammettere i propri limiti e riconoscere le proprie capacità.

Come si dosa lo stress e si vince anche sotto pressione?
Ci sono molte tecniche, io uso la respirazione e il pensiero che riesce a cambiare emozioni e sensazioni.

Quale è fino ad oggi il ricordo più bello della tua carriera agonistica? Che immagini hai davanti ai tuoi occhi? Perchè è il ricordo più bello per te?
Sicuramente la vittoria dell’anno scorso alla coppa del mondo in Cina, è il più bel ricordo perché tutta la fatica che ho fatto è stata ripagata in una gara, l’obiettivo della mia vita per una volta è stato raggiunto totalmente. Mi ricordo bene quando ho realizzato di aver vinto, è stata una emozione indescrivibile.

C’è mai stato un momento nella tua carriera dove volevi smettere o c’è stato un episodio/ un motivo che ti aveva portato a dire basta? Se si…in quell’occasione cosa ti ha fatto reagire?
Non ho mai pensato di smettere, ho solo avuto un piccolo infortunio a un dito che mi ha fatto disperare per anni alla ricerca di una cura, alla fine nessuna soluzione ha funzionato e ho imparato a conviverci.

3 pregi e 3 difetti del tuo carattere e come impattano sul tuo ruolo di atleta
Sono sempre molto calmo e non mi arrabbio mai, questo mi aiuta ad affrontare le sconfitte. Penso sempre tanto prima di agire, questo mi fa sempre prendere scelte giuste, ma qualche volta troppo tardi.

Che opinione hai degli atleti che in momenti di difficoltà cercano delle “scorciatoie” per raggiungere con meno sforzi i propritraguardi?
Chi usa doping o bara durante le gare non si può neanche definire un atleta, per me non avrebbe senso partecipare se uso una di queste scorciatoie per vincere. Io gareggio soprattutto per me stesso e se so di aver barato è come aver ammesso di essere più debole degli altri perché ho bisogno di aiuti per vincere.

Quanto è difficile bilanciare la tua vita agonostica a quella privata? Bisogna essere campioni anche in questo?
Non c’è niente da bilanciare in realtà, l’una fa parte dell’altra e convivono a vicenda senza darsi fastidio!

Quanto è importante per te avere davanti agli occhi degli obiettivi chiari?
Non sono sicuro che sia così importante: come obiettivo ho quello di diventare il più forte, sia in gara sia sulla roccia. Le gare scandiscono la periodizzazione del mio allenamento durante l’anno, ma l’obiettivo che ho è più a lungo termine.

Rimanendo in tema di obiettivi: quale è il prossimo?
L’obiettivo è fare bene la coppa del mondo e chiudere alcune delle vie più dure al mondo sulla roccia.

Sei superstizioso? Hai dei riti scaramantici che fai prima di ogni competizione o degli oggetti portafortuna?
Non sono superstizioso, non credo nella fortuna e nella sfortuna, i riti scaramantici servono a dare sicurezza ma se non ci credo non possono avere effetto… la sicurezza posso trovarla dentro di me conoscendo le mie capacità senza cercarla in oggetti esterni.

Quanto ti alleni? Raccontaci la tua giornata tipo.
Mi alleno quasi tutti i giorni, a volte 2 volte al giorno. Quando mi alleno 2 volte mi sveglio la mattina e faccio colazione. Poi il primo allenamento dura 2 ore circa, di solito su un muro che ho a casa che si chiama System Wall. Faccio pranzo e aspetto di digerire. Al pomeriggio mi alleno per altre 3 ore circa in una palestra vicino a casa, di solito la maggior parte dell’allenamento consiste in vari esercizi di scalata o simulazioni di gara

Ci racconti il tuo primo successo?
La prima gara che ho vinto era la terza che facevo, a livello promozionale poco dopo aver iniziato. Mi ricordo che avevo cominciato ad allenarmi fin da subito in maniera costante perché mi divertivo a farlo e così ho raggiunto i miei avversari che scalavano da molto più tempo di me.

Quanto è cambiato il mondo dell’arrampicata negli ultimi anni? E’ una questione di tecniche? Di attrezzatura? Di preparazione?
Negli ultimi anni sono state aperte molte palestre indoor di arrampicata, questo ha cambiato metodo di allenarsi ed ha permesso a più persone di allenarsi per più tempo. Una volta ci si allenava molto di più sulla roccia, adesso le palestre hanno rivoluzionato il mondo di questo sport aumentando le potenzialità di chi lo pratica.

Arrampicata in falesia e bouldering. Ci spieghi le differenze e il differente approccio?
L’arrampicata in falesia si pratica su vie lunghe fino a 40 metri circa con imbrago e corda utilizzata come sicurezza in caso di caduta. Il boulderig si pratica su massi molto più bassi, dai 2 ai 5 metri più o meno, e vengono usati dei materassi per ammortizzare la caduta. In entrambi lo scopo è lo stesso, arrivare in cima alla parete o al masso.

Ti si può definire un atleta poliedrico perchè hai preso parte a diverse specialità quali lead,boulder,speeQuali differenze ci sono una con l’altra e quale alla fine è diventata la tua preferita e per quale motivo?
Lead e boulder sono la regolamentazione sulla plastica della falesia e del bouldering, la prima si fa con la corda e la seconda sui materassi. La speed è una disciplina diversa, vince chi arriva alla fine in meno tempo. All’inizio della mia carriera praticavo tutte e tre le discipline, adesso prediligo la lead e a volte faccio qualche gara di boulder, la speed molto raramente e solo per partecipare a una classifica combinata delle 3 specialità

Come si svolge la vita all’interno di un gruppo sportivo?
Il gruppo sportivo mi permette di allenarmi a tempo pieno, non devo pensare a trovare un lavoro perché il mio lavoro è fare le gare, ma per me è anche un piacere. Sono stato molto fortunato a entrare nelle Fiamme Oro perché ho la possibilità di fare della scalata la mia vita, questo penso sia l’unico modo per gli atleti italiani.

Cosa significa per te l’andare oltre il limite?
Andare oltre il limite non si può, si può però spostare ogni giorno il limite più avanti allenandosi con motivazione.

Anche tua sorella condivide la tua stessa passione, corretto?  Sei tu che dai consigli a lei o viceversa?
Per ora sono io che do consigli a lei, ma penso che col tempo la cosa potrà invertirsi!

Ci racconti della tua espereinza allo “Show dei Record” nel 2010 dove ti sei aggiudicato il record mondiale  di arrampicata su una parete mobile?
Il record era solo uno spettacolo televisivo, pur essendo un vero guinness world record non lo considero una prestazione così importante, ma un’esperienza. Non ero mai stato in televisione prima e facendo il confronto con le gare ci sono vari aspetti in comune e altri totalmente diversi, come la priorità data allo spettacolo.