Intervista a Paolo Barghini

PaoloBarghini

Come e quando ti sei avvicinato al mondo dell’atletica prima e nello specifico a quello dell’ultramaratona dopo? Partiamo dal settembre 2002 e dal Campo Scuola di Marina di Carrara…
Per puro caso. Per rimettermi in forma da quarantenne con la pancetta. Pesavo 80 kg e da li con quel primo passo è iniziata l’avventura in maniera del tutto inconsapevole.

Da piccolo quali erano gli sport che praticavi? E’ stato un amore a prima vista quello con l’ultramaratona e il deserto in particolare o ci sei arrivato per gradi?
Mai fatto sport. Ero il brutto anatroccolo imbranato che nessuno voleva in squadra. Quando ho visto il deserto ho deciso che quello sarebbe stato il posto dove avrei corso per il resto della mia vita.

Che ruolo hanno avuto i tuoi genitori, la tua famiglia nello spingerti a praticare sport e nell’incoraggiarti ad arrivare dove sei arrivato?
Mai incoraggiato :)

Quali sono stati i tuoi maestri di vita e di sport? Quali sono i tuoi modelli?
Non ho modelli ai quali mi ispiro. Corro e rispetto la corsa come una religione: sono infastidito da coloro che la vivono come un gioco e senza rispetto. La corsa dà tanto e deve essere rispettata. Odio comunque gli estremismi e la mancanza di rispetto per gli avversari. E soprattutto odio coloro che vogliono sembrare dei fenomeni.

Mente, cuore e corpo: in che proporzione contano in quello che fai?
La mente è tutto. Senza di lei non si elabora il sogno e non c’ è gioia nel portarlo a compimento. Il corpo è solo il mezzo, e il cuore la parte dove percepisci la gioia del risultato.

Cosa ti sentiresti di consigliare ai giovani (anche ai più piccoli) che si avvicinano oggi alla tua disciplina?
Di vedere lo sport come una palestra di vita e non come un gesto atletico. Correre per imparare la vita….

Quali sono i valori chiave per te nello sport che pratichi e che – a tuo avviso – possono essere usati dai più giovani nella vita di tutti i giorni e dai manager all’interno delle organizzazioni aziendali?
La progettualità per raggiungere l’obiettivo, la voglia e la determinazione di raggiungerlo. La gestione delle tue risorse mentali e fisiche e -in certi momenti- anche economiche (la corsa estrema è uno sport costoso).

Come si dosa lo stress e si vince anche sotto pressione?
Lo stress fa parte del gioco. Personalmente sento lo stress solo durante il progetto (allenamento), poi durante la gara non vivo stress se non fisico.

Quale è fino ad oggi il ricordo più bello della tua carriera agonistica? Che immagini hai davanti ai tuoi occhi? Perchè è il ricordo più bello per te?
Correre con la bandiera italiana sulla spianata delle piramidi davanti a migliaia di turisti diventati tifosi è stato impressionante. Correre di nuovo da vincitore attraverso il Sik… indimenticabile. Pensare che migliaia di anni fa gli egizi e i nabatei avevano costruito tutto ciò perché sapevano che un giorno Paolo Barghini avrebbe vinto una corsa nel deserto che si sarebbe conclusa li :) :) :)

In una tua intervista ho letto questa frase: “Correre nel deserto è la cosa più normale che c’è”. Il messaggio permettimi è molto forte e schietto, ma genuino e vero allo stesso tempo. Ce lo spieghi un po’ meglio…
L’energia che ti da il deserto, come l’energia che percepisci a NY durante la maratona, fa diventare tutto semplice e banale: certo serve preparazione fisica e mentale. Poi vincere è un’altra cosa. Ma correre e affrontare il deserto non è una cosa da fenomeni e odio chi vuol presentarsi come tale. Siamo atleti normali e anzi molti che corrono nel deserto non possono nemmeno definirsi tali :)

Se dovessi citare un avversario con il quale hai gareggiatoe per il quale ricordi un aneddoto particolare che descrive la sfida tra voi due chi ti viene in mente? Ci racconti questo aneddoto…
Nessuno in particolare: ricordo con Dean Karnazes le chiacchiere sulle nostre famiglie mentre arrivavamo alla Sahara race 2008. Non ho mai avuto sentimenti di odio nei confronti degli avversari nemmeno i più tosti e famosi come Christian Schister (testimonial mondiale della Asics) con il quale ho combattuto aspramente durante la Sahara race 2009.
Mi sono e ci siamo sempre sfidati come avviene nel deserto ad armi pari con la natura che faceva da arbitro e che non avrebbe perdonato le scorrettezze o gli imbrogli.

C’è mai stato un momento nella tua carriera dove volevi smettere o c’è stato un episodio/ un motivo che ti aveva portato a dire basta? Se si…in quell’occasione cosa ti ha fatto reagire?
Pochi anni dopo un anno particolarmente sfortunato avevo quasi deciso di mollare. Poi il deserto mi ha chiamato e mi hanno invitato ad una gara in Libia ed il sogno è ripartito.

3 pregi e 3 difetti del tuo carattere e come impattano sul tuo ruolo di atleta
Sono onesto con me stesso e con gli altri. Cerco sempre di capire l’avversario e di capire perché si è comportato in quel modo. Questo non vuol dire che lo perdono, ma che cerco di accettarne le debolezze. Sono testardo, puntiglioso e non mollo mai un sogno. La corsa mi ha cambiato e ormai l’uomo e la atleta coincidono. Ricordati che la corsa ha fatto di me una persona migliore!

Che opinione hai degli atleti che -in momenti di difficoltà- cercano delle “scorciatoie”( doping o altre forme) per  raggiungere con meno sforzi i propri traguardi?
La parte difficile per un atleta è accettare nel mio caso di invecchiare e vedere che cambiano le prospettive sui risultati sia cronometrici che di posizioni in classifica. Come dico sempre ai miei atleti la mattina la faccia allo specchio è la vostra se vincete, ma vedete un ladro!

Quanto è difficile bilanciare la tua vita agonostica a quella privata? Bisogna essere campioni anche in questo?
Per me è una lotta. Mia moglie non ha mai accettato la mia scelta di vita.Pensa sempre che quando vado ad allenarmi esco per divertirmi. Un po’ è vero!!! Mio figlio di 7 anni con il suo tifo composto e sano è una forza che mi porto dentro.

Quanto è importante per te avere davanti agli occhi degli obiettivi chiari?
Avere un sogno, e un obiettivo che sia mio è fondamentale. Ho mollato sponsor importanti perché volevano impormi i loro obiettivi. Non sono un commerciale, ma un istintivo.

Rimanendo in tema di obiettivi: quale è il prossimo?
Organizzare una corsa nel deserto :)

Quale è la tua canzone preferita o quale potrebbe essere la colonna sonora dei tuoi successi?
The script – “Hall of fame”

Che ruolo ricopre l’impegno Sociale nella tua vita di atleta? Cosa può fare lo sport e in particolare la tua disciplina per aiutare i più bisognosi?
Molto moltissimo. La WRA è anche una onlus. La corsa come lo sport in generale può essere il modo per dare un valore aggiunto sociale fondamentale alla mia passione per la corsa.

Sei supestizioso? Hai dei riti scaramantici che fai prima di ogni competizione o degli oggetti portafortuna?
No, non sono superstizioso. Quando sono andato nel deserto la prima volta una bambina di 6 anni figlia di un amico mi ha voluto dare un bigliettino con i suoi consigli. A distanza di anni la bambina diventata ragazza continua a darmi un bigliettino. Quando sono andato in Giordania mio figlio di 4 anni mi ha dato 3 giocattoli da portare con me: un binocolo per guardare da lontano gli avversari che avevo staccato, una tigre per spaventarli e la sua lucertola preferita per accompagnarmi!

Quanto ti alleni? Raccontaci la tua giornata tipo.
Attualmente non mi alleno tantissimo: quando sono in preparazione tra palestra e corsa circa 4 ore al giorno

Ci racconti il tuo primo successo?
Sahara race 2009. La prima tappa parto con il raffreddore. Mi perdo a 5 km dalla fine della tappa. Le prime due tappe sono un disastro e sono staccato di più di un’ora dal primo. Ero andato per vincere e invece non ero neppure in zona podio. Ma dalla terza tappa cambia tutto e infine nella tappa lunga faccio il record di percorrenza in una tappa lunga di rtp. Il deserto mi sembrava in discesa. Rifilo più di un’ora a Cristian Schiester: chi mi ha visto quel giorno correre mi ha scritto..”sembravi volare sulla sabbia del deserto.

Quanto è cambiato il mondo dell’ultramaratona negli ultimi 10 anni? E’ una questione di tecniche? Di materiali? Di preparazione? Di maggiore competizione?
Sicuro di materiali e scienza. La competizione c’ è sempre stata. Penso sia cambiato il modo di percepire il deserto: una volta 100 km sembravano un avventura insuperabilementre  adesso il deserto è alla portata di tutti.

Cosa significa per te l’andare oltre il limite?
Non esiste un limite né fisico né mentale. I limiti sono personali. Esistono sfide che si può scegliere di accettare o meno.

Viene difficile fare questa domanda a un campione come te, ma…la sconfitta che significato ha per te? Può insegnare qualcosa?
La sconfitta come dico sempre io ti insegna più della vittoria. Se vinci impari a fare solo la cosa giusta. Se perdi impari la cosa giusta e la cosa sbagliata! Questo non vuol dire che però è meglio perdere :)

Quanto pensi sia difficile per un campione di una disciplina selettiva come la tua il diventare un ottimo allenatore/coach e saper trasferire a giovani promettenti tutto quello che hai imparato e vissuto nella tua carriera?
Per me è stato semplice. Diventare il Maestro come mi chiamano molti dei miei atleti è stato semplice e naturale.  Loro per me sono figli e quando sono nel deserto soffro come un padre di famiglia che ha i figli a scuola per un interrogazione.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Ci puoi dare delle anticipazioni?
Far diventare la mia passione un business…

Quanto è importante la preparazione e la strategia da adottare prima e durante una competizione?
Fondamentalmente non si improvvisa nulla: si studia tutto a tavolino prima e non si cambia se non di fronte a fatti imprevisti. Io lo chiamo il film: fai il film e vai a viverlo dal momento che esci di casa a quando finisce la gara.

Resilienza: importantissima caratteristica per il manager di oggi e per l’atleta che affronta discipline di durata. Quanto è importante questo concetto in quello che fai?
La forza e la resistenza mentale sono parte fondamentale nel successo sportivo. Non so dirti per i manager perché è un mondo che conosco poco. Ma lo stress della competizione e saperlo usare a fini positivi è la molla per il successo. Io in gara ho battuto atleti molto più giovani di me e molto piùforti di me sul piano atletico, ma quando si mettono in campo motivazioni e voglia di vincere si può sopperire a qualunque debolezza fisica.

Con la maratona hai realizzato anche un sogno vero? Ci racconti meglio questo sogno…
Quando ho iniziato a correre non sapevo cosa sarebbe successo. La corsa di certo ha fatto di me una persona migliore. Il sogno che ho realizzato è quello della vita avventurosa che avevo da bambino leggendo Salgari o Verne. Ho visto i posti che da piccolo vedevo sugli atlanti che mio padre comprava. Negli anni 60 la terra del fuoco, Tamarasset, il polo nord o sud erano lontanissimi: Il deserto del Gobi una terra mitica. Il Sahara irraggiungibile ai tempi, ora l’ho visto e attraversato a piedi. Ho sfidato e vissuto i miei sogni di bambino. Sono felice !!!