Come e quando ti sei avvicinato al mondo dell’atletica prima e nello specifico a quello dell’ultramaratona dopo?
Mi sono avvicinato alla corsa a 10 anni: tornavo a casa con mio padre quando vedemmo la pubblicità della gara non competitiva che si correva in contemporanea alla Roma maratona del 14/03/1982. Corsa quella gara ho avuto sensazioni positive ed è da lì che è partita la mia più grande passione. All’ultarmaratona e in particolare alla 100km ci sono invece arrivato per curiosità, all’inizio non la consideravo una gara ma una sfida.
Da piccolo quali erano gli sport che praticavi? E’ stato un amore a prima vista quello con l’ultramaratona o ci sei arrivato per gradi?
Prima della corsa ho praticato il nuoto, il calcio e le arti marziali ma nessuno di questi sport mi ha catturato.
All’ultramaratona ci sono poi arrivato con tutta calma, ho corso la mia prima 100km a 34 anni e l’amore è nato poco dopo.
Che ruolo hanno avuto i tuoi genitori, la tua famiglia nello spingerti a praticare sport e nell’incoraggiarti ad arrivare dove sei arrivato?
Mio papà ha avuto un ruolo importantissimo nella mia attività sportiva, mi ha sempre accompagnato alle gare, mi ha sempre dato ottimi consigli, era il mio primo tifoso e a lui devo sia il fatto che ho cominciato a correre sia la mia filosofia nella corsa.
Quali sono stati i tuoi maestri di vita e di sport? Quali sono i tuoi modelli?
Non ho mai preso degli atleti come modelli, l’unica fonte di ispirazione è stata mio padre.
Mente, cuore e corpo: in che proporzione contano in quello che fai?
Sono tre elementi imprescindibili l’uno dall’altro e contano allo stesso modo.
Cosa ti sentiresti di consigliare ai giovani (anche ai più piccoli) che si avvicinano oggi alla tua disciplina?
Suggerirei loro di seguire i consigli che mi ha trasmesso mio papà. Il primo principio dello sport è la lealtà: lo sport se si vuole competere deve essere fatto impegnandosi al massimo, ma sempre cercando di divertirsi e tenendo presente la propria salute. E’ poi importantissimo saper accettare i risultati che vengono e gioire di questi senza per forza aspettarsi sempre di più. Ai giovani direi che lo sport fatto con sani principi permetterà di essere degli adulti migliori, consentirà inoltre di stare in salute e di conoscere tante persone interessanti e nuovi posti, in sintesi li renderà uomini migliori.
Quali sono i valori chiave per te nello sport che pratichi e che – a tuo avviso – possono essere usati dai più giovani nella vita di tutti i giorni e dai manager all’interno delle organizzazioni aziendali?
Impegno, lealtà, accettazione dei propri risultati.
Come si dosa lo stress e si vince anche sotto pressione?
Lo stress si dosa con la consapevolezza che la cosa importante non è il risultato a tutti i costi, ma è impegnarsi e accettare il risultato che verrà.
Quale è fino ad oggi il ricordo più bello della tua carriera agonistica? Che immagini hai davanti ai tuoi occhi? Perchè è il ricordo più bello per te?
Uno dei ricordi più belli è la prima volta che riuscii a correre una mezza maratona sotto la media dei 4′ al km. Migliorarmi è per me più importante che vincere gare importanti. Ma l’immagine più bella che ho davanti agli occhi e il ricordo più bello in assoluto é l’abbraccio di mio padre subito dopo l’arrivo delle mie gare, al di là del mio risultato lui era sempre pronto ad abbracciarmi.
Se dovessi citare un avversario con il quale hai gareggiato e per il quale ricordi un aneddoto particolare che descrive la sfida tra voi due chi ti viene in mente? Ci racconti questo aneddoto…
Durante la maratona di Ostia di diversi anni fai corsi con un ragazzo del Marocco, era la nostra prima gara insieme, lui durante i 42 km ogni tanto mi guardava e mi gridava frasi tipo “sono io il più forte, non puoi fare nulla contro di me”. Io continuai la gara con paura, ma sempre dando il massimo. Riuscii a batterlo con una lunga volata. Dopo l’arrivo mi si avvicino e mi fece i complimenti. Da quel giorno siamo diventati amici e grazie a lui sono anche andato a correre la maratona di Marrakech.
C’è mai stato un momento nella tua carriera dove volevi smettere o c’è stato un episodio/ un motivo che ti aveva portato a dire basta? Se si…in quell’occasione cosa ti ha fatto reagire?
Non ho mai avuto momenti nei quali volevo smettere, ma da ragazzo dopo un infortunio non pensavo a ricominciare: un giorno mentre tornavo a casa, invece di prendere l’autobus ho cominciato a correre… la corsa per me è un istinto, quest’episodio me ne ha dato la consapevolezza.
3 pregi e 3 difetti del tuo carattere e come impattano sul tuo ruolo di atleta
Difetti:
– Sono timido e questo mi ha sempre portato a non propormi troppo ad organizzatori e gare, impedendomi forse di raccogliere di più dalla corsa.
– Sono distratto e questo mi causa problemi vari, gare alle quali arrivo tardi, sbagli di percorsi e cose simili.
– Sono disorganizzato e spesso questo mi causa una marea di problemi, spesso non mi organizzo adeguatamente nemmeno per l’alimentazione e questo influisce molto sulle mie prestazioni sportive.
Pregi:
– Sono paziente e questo spesso mi ha portato a tener duro in tante gare e magari alla fine a raggiungere atleti che lo erano meno.
– Mi considero razionale e quindi riesco ad accettare molte cose e nella corsa anche i risultati più scadenti.
– Mi considero leale e questo mi ha portato a non prendere mai scorciatoie e a farmi “durare” molti anni.
Che opinione hai degli atleti che in momenti di difficoltà cercano delle “scorciatoie” (doping o altre forme) per raggiungere con meno sforzi i propri traguardi?
Penso che non siano degli sportivi, che siano dei truffatori e che andrebbero radiati a vita e arrestati.
Quanto è difficile bilanciare la tua vita agonostica a quella privata? Bisogna essere campioni anche in questo?
E’ difficile lavorare e correre con un certo impegno, il tempo è sempre poco e le cose fatte di fretta spesso non vengono fatte bene. Si, bisogna essere bravi anche a far conciliare il privato con l’attività sportiva.
Quanto è importante per te avere davanti agli occhi degli obiettivi chiari?
E’ importantissimo avere degli obiettivi, perché altrimenti con molta facilità ci si può perdere per strada.
Rimanendo in tema di obiettivi: quale è il prossimo?
Il mio prossimo obbiettivo è quello di sempre, correre e divertirmi. Se poi vogliamo parlare di obiettivi come gare, direi che è quello di correre bene il prossimo mondiale della 100 km.
Sei supestizioso? Hai dei riti scaramantici che fai prima di ogni competizione o degli oggetti portafortuna?
Non sono scaramantico e non ho riti che ripeto, e nemmeno dei portafortuna.
Quanto ti alleni? Raccontaci la tua giornata tipo.
Il mio allenamento va a periodi, durante la preparazione della 100 km, corro trenta km al giorno alla media di 4′ 45″ al km è una corsa non massimale, una corsa che definirei una piccola gita. Nella settimana nella quale corro anche il lungo di 60 km arrivo a percorrere 245 km. In alcuni giorni oltre alla corsa faccio esercizi di potenziamento o stretching e in totale quindi mi alleno per circa tre ore al giorno. In pratica mi alzo verso le 8 e 30, faccio colazione e vado a correre verso le 11, poi pranzo e il pomeriggio mi dedico al mio negozio di sport.
Ci racconti il tuo primo successo?
Il primo successo che mi viene in mente è quando a poco più di 10 anni vinsi la mia prima coppa. Era una gara in un quartiere di Roma, all’epoca davano delle coppe ai primi di ogni fascia d’età, corsi al massimo ma non mi resi subito conto di essere arrivato tra i primi, perché insieme a me correvano dei bambini di altre categorie. Quando fui chiamato sul palco fu per me una grandissima emozione.
Quanto è cambiato il mondo dell’ultramaratona negli ultimi 10 anni? E’ una questione di tecniche? Di materiali? Di preparazione? Di maggiore competizione?
Non vedo molti cambiamenti negli ultimi dieci anni, l’unico forse è che l’ultramaratona si conosce di più e molti non la vedono più come una corsa di pochi, ma capiscono che è una corsa possibile per quasi tutti.
Cosa significa per te l’andare oltre il limite?
Per me vuol dire migliorarsi… migliorare il proprio tempo di sempre o quello dell’anno. Vuol dire raggiungere un risultato che prima non si era riusciti a raggiungere.
Quanto pensi sia difficile per un campione di una disciplina selettiva come la tua il diventare un ottimo allenatore/coach e saper trasferire a giovani promettenti tutto quello che hai imparato e vissuto nella tua carriera?
Penso che sia mediamente difficile. Sicuramente l’esperienza insegna tante cose, però il rischio è di paragonare tutto alla propria esperienza personale. Con impegno e attenzione però penso si possa fare.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Ci puoi dare delle anticipazioni?
Vorrei correre il prossimo mondiale della 100 km e correre in autunno una maratona, provando a fare il mio record stagionale.
Quanto è importante la preparazione e la strategia da adottare prima e durante una competizione?
La strategia è importantissima per scegliere la giusta andatura e per allenarsi in modo corretto. A volte però si può fare a meno della strategia, ma questo solo se si possiede una sorta d’istinto che ci porta a dosarci, ma in fondo anche questa è una sorta di strategia, anche se inconscia.
Resilienza: importantissima caratteristica per il manager di oggi e per l’atleta che affronta discipline di durata. Quanto è importante questo concetto in quello che fai?
E’ determinante: saper vedere delle opportunità da episodi negativi che immancabilmente arrivano nella nostra carriera sportiva ci consente di non arrenderci e di trovare nuova linfa vitale. Ci porta a non smettere e a continuare con nuove energie ed è questo che alla lunga paga. La resilienza è importante nello sport, ma anche nella vita lavorativa e privata.
Ci racconti delle due maratone corse la stessa giornata…
Il 22 marzo ho corso la maratona di Roma classificandomi al nono posto assoluto. Il progetto però era quello di ripartire subito dopo ripercorrendo lo stesso percorso fino a raggiungere l’ultimo. Il messaggio che ho voluto mandare era che la maratona è per tutti e che se io la posso correre due volte, tutti almeno una volta possono farla. Oltre a questo messaggio volevo onorare e festeggiare a mio modo gli ultimi, correndo con loro la parte finale della gara. La seconda maratona avrei dovuto correrla con tranquillità, parlando con delle persone che avevano scelto di accompagnarmi incarnando così il vero spirito amatoriale. Essendo arrivato nono ho però dovuto fare (e ne sono stato contento), il controllo antidoping che purtoppo mi ha tenuto impegnato per più di un’ora e sono ripartito per la seconda maratona dopo 1 h e 15′. A questo punto è stato tutto un po’ più difficile, ma per fortuna anche se con una corsa un po’ meno rilassata, sono riuscito a raggiungere l’ultimo e chiacchierando con lui a tagliare il mio secondo traguardo della giornata.
Concedici una domanda Marzulliana. E’ più importante partecipare o vincere?
E’ più importante vincere, che per me non vuol dire arrivare primi, ma vuol dire arrivare con lealtà e gioia al traguardo accettando con gioia qualsiasi risultato ci possa aver regalato la giornata.
Quanto è importante il ruolo dell’alimentazione nella tua disciplina?
E’ importantissimo, non si può pensare di correre bene con un’alimentazione completamente sbagliata: ciò che si mangia è importante nella mia disciplina, ma anche nella vita di tutti i giorni. L’educazione alimentare dovrebbe essere insegnata con attenzione.