Intervista a Fabio Azzolini

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Come e quando ti sei avvicinato al mondo del tiro con l’arco?

Il mio primo approccio con lo sport dopo l’incidente è stato il Tiro con L’Arco quando, nel novembre del 2001, ho deciso di iscrivermi ad un corso organizzato dalla Società Arcieri “Orione”, una prestigiosa Società Sportiva di Casalgrande (RE) che pratica questa disciplina dal 1989, composta da numerosi atleti di alto livello, ma soprattutto fornita di impianti ed attrezzature (palestre e campi di gara all’aperto) accessibili per chi si muove in funzione di una carrozzina.
Alla fine del corso, dopo l’acquisto del mio primo arco, mi sono iscritto alla Società e sono entrato a far parte di questo mondo un po’ sconosciuto, ma molto praticato.

Da piccolo quali erano gli sport che praticavi? E’ stato un amore a prima vista quello con il tiro con l’arco o ci sei arrivato per gradi?

Dopo l’incidente mi sono avvicinato “per caso”, come tutte le cose migliori (e non) che ci capitano nella vita, al Tiro con L’arco perché dove vivo esiste da anni una prestigiosa società sportiva di arcieri. Da piccolo sognavo di diventare pilota di auto da rally mentre provavo a giocare a calcio ed a sciare in montagna nei mesi invernali.
D. Che ruolo hanno avuto i tuoi genitori, la tua famiglia nello spingerti a praticare sport e nell’ incoraggiarti ad arrivare dove sei arrivato?
Direi che un genitore vorrebbe sempre vederti felice quindi prova ad assecondarti sempre nelle tue scelte di bambino/ragazzo, poi crescendo e diventando più autonomo le cose cambiano. Dopo l’infortunio per me lo sport è diventato qualcosa di più di una semplice disciplina sportiva da praticare contribuendo ad un difficile e lungo reinserimento sociale prima di quello sportivo. Oggi anche loro toccano con mano l’importanza di praticare sport e di come io stesso sia “cresciuto” grazie alla mia tenacia e testardaggine, migliorando la mia qualità di vita vivendo lo sport come un lavoro quotidiano.

Quali sono stati i tuoi maestri di vita e di sport? Quali sono i tuoi modelli?

Nella vita ho imparato ad ascoltare le persone anziane, dai miei nonni a mio padre e mia madre. Nello sport cerco di prendere esempio dalle persone vere, quelle che non devono inventarsi chissà cosa per affermarsi, e che così facendo trasmettono i veri valori dello sport. I nomi sarebbero molti per molte caratteristiche che li rappresentano.

Mente, cuore e corpo: in che proporzione contano in quello che fai?

Il cuore fa fare al corpo ciò che la mente gli ordina.
Se una di queste componenti viene a meno, le altre non funzionano bene!

Cosa ti sentiresti di consigliare ai giovani (anche ai più piccoli) che si avvicinano oggi alla tua disciplina?

A tutti: provate e riprovate ciò che vi capita e vi attira, sempre divertendosi e rimanendo leali con tutti, soprattutto con voi stessi. Non datevi mai un limite, nessuno sa dove potreste arrivare se non vi mettete in gioco almeno una volta!

Quali sono i valori chiave per te nello sport che pratichi e che – a tuo avviso – possono essere usati dai più giovani nella vita di tutti i giorni e dai manager all’interno delle organizzazioni aziendali?

Correttezza, lealtà, tenacia ed umiltà. Imparare dalle sconfitte x migliorarsi e crescere. Se fai parte di una squadra secondo me sono le basi fondamentali.

Come si dosa lo stress e si vince anche sotto pressione?

Oggi per fortuna esiste una figura importantissima, sia nello sport che nella vita quotidiana, ed è il mental coach, indispensabile x imparare a conoscere di noi quello che non sappiamo, lavorarci sodo e far si che ci renda sempre più attenti e preparati per qualsiasi situazione. Solo la consapevolezza di noi stessi ci rende più efficaci e sicuri di aver dato il meglio. Il saper controllare il panico, l’ansia, lo stress e tutto quello che ci può “destabilizzare” in un momento importante è fondamentale.

Quale è fino ad oggi il ricordo più bello della tua carriera agonistica? Che immagini hai davanti ai tuoi occhi? Perché è il ricordo più bello per te?

Ad oggi è ancora molto fresco il terzo posto mondiale di settembre che mi qualifica alle mie terze Paralimpiadi. Comunque un ricordo molto forte nel tempo é stato il ricevere l’abbigliamento per la mia prima convocazione in nazionale nel 2005…ho dormito con la maglietta della Nazionale con il mio nome stampato. Rimane il ricordo più bello perché è un desiderio che nasce da bambino in tutti noi, e realizzarlo a 35 anni ha un valore speciale!

Se dovessi citare un avversario con il quale hai gareggiato (o gareggi tutt’ora) e per il quale ricordi un aneddoto particolare che descrive la sfida tra voi due chi ti viene in mente? Ci racconti questo aneddoto…

Da Pechino 2008 mi confronto con un campionissimo della mia categoria che ho battuto una sola volta, il bravissimo David Dragonischy della Repubblica Ceca. Ad Almere, in Olanda a Maggio 2015, ci siamo scontrati per il primo posto, lui ha vinto per due punti su di me. Alla fine dello scontro ci siamo scambiati i gadget, come si usa di solito con spille e/ pin vari. Io in quell’occasione gli ho regalato un salame Italiano, e la cosa inusuale è risultata molto apprezzata e simpatica… ora capisco perché vuole sempre incontrarmi in gara!!!

C’è mai stato un momento nella tua carriera dove volevi smettere o c’è stato un episodio/ un motivo che ti ha portato a dire basta? Se si…in quell’occasione cosa ti ha fatto reagire?

Nello sport come nella vita ci si trova spesso ad affrontare molte ingiustizie che inevitabilmente ti fanno riflettere portandoti a conclusioni forzate. Per fortuna o purtroppo… io sono molto cocciuto, testone ed anche se spesso mi costa caro mi aiuta ad andare avanti superando in qualche modo situazioni difficili.
Altrimenti oggi probabilmente non sarei qui a risponderti!!!

Tre pregi e tre difetti del tuo carattere e come impattano sul tuo ruolo di atleta.

Il mio più grande difetto e pregio allo stesso tempo è sicuramente la mia testardaggine che, quando non mi penalizza, mi permette di raggiungere lo scopo prefissato.
Il secondo pregio è la pazienza nel cercare di capire ciò che sto facendo per elaborare la soluzione migliore.
Credo che il terzo pregio sia la curiosità che mi porta a scoprire sempre nuove cose e nuove situazioni.
Riconosco come difetto la difficoltà ad ambientarmi quando vado in giro per il mondo ci metto sempre un pochino a mettermi a mio agio in posti nuovi e questo è penalizzante se le trasferte sono brevi.

Che opinione hai degli atleti che in momenti di difficoltà cercano delle “scorciatoie” ( doping o altre forme) per raggiungere con meno sforzi i propri traguardi?

Gli atleti sono prima persone che nella vita, come nelle gare, attraversano momenti di difficoltà. Ci sono molti modi per recuperare ed uscire da qualunque situazione negativa, la pazienza e l’intelligenza portano sicuramente a ragionare e a non tradire la nostra persona e gli altri utilizzando modi illegali e spesso dannosi sia fisicamente che moralmente. Abbiamo esempi negativi tutti i giorni dai quali prendere le distanze, spetta a noi decidere. Il doping o i gesti antisportivi a lungo andare ti distruggono.

Quanto è difficile bilanciare la tua vita agonostica a quella privata? Bisogna essere campioni anche in questo?

Quando lo sport è come un lavoro è difficile gestire bene le due cose… dipende molto da quanto è imminente un appuntamento sportivo importante e soprattutto da chi ti sta vicino

Quanto è importante per te avere davanti agli occhi degli obiettivi chiari?

L’obbiettivo mi da la misura giusta per gestire i carichi di allenamento, il riposo e le energie mentali. E’ molto difficile improvvisare ed ottenere il meglio da se stessi.

Rimanendo in tema di obiettivi: quale è il prossimo?

Sicuramente il più importante è arrivare a Rio2016, ma io preferisco prepararmi a step, prima di Rio avrò i Campionati Italiani Indoor e ora mi concentro su quelli.

Che ruolo ricopre l’impegno Sociale nella tua vita di atleta? Cosa può fare lo sport e in particolare il golf per aiutare i più bisognosi?

Lo sport è sicuramente una preziosissima palestra di vita, fisicamente e mentalmente. Fare sport aggrega le persone, le fa uscire di casa, le mette alla prova, le confronta e le gratifica, tutto questo in un contesto di aggregazione assoluta, migliorando il corpo e la mente facendo crescere la propria autostima senza lasciare spazio a disturbi come la depressione , l’ansia e altre patologie sintomatiche.

Quanto è importante oggi credere nei giovani?

Tantissimo, considerato che saranno il nostro futuro!
I giovani hanno bisogno di esempi piuttosto che di consigli…

Sei superstizioso? Hai dei riti scaramantici che fai prima di ogni competizione o degli oggetti portafortuna?

No

Quanto ti alleni? Raccontaci la tua giornata tipo.

Mi alleno in base all’ appuntamento sportivo che devo affrontare, in media 5 o 6 giorni la settimana
con l’arco, alternando qualche km in bicicletta in estate oppure esercizi alla panca in palestra in inverno. Spesso con l’arco eseguo specifici esercizi per correggere o migliorare i particolari.
Anche il riposo fa parte dell’allenamento!

Ci racconti il tuo primo successo?

Nel 2002, dopo tre mesi di corso mi sono ritrovato a gareggiare ad un campionato Italiano Indoor, non avevo grandi rivali ed ho vinto, ma ricordo che l’emozione di quel momento mi ha fatto fare cose da brividi.

Quanto è cambiato il mondo del tiro con l’arco negli ultimi 10 anni? E’ una questione di tecniche? Di materiali? Di preparazione? Di maggiore competizione?

Si sono fatti enormi passi avanti, credo che la differenza più importante sia la continua ricerca dei materiali, dove le aziende del settore non lasciano mai nulla al caso, poi la ricerca di una sempre ottimale preparazione dell’atleta ed una tecnica consolidata contribuiscono ad una evoluzione costante sempre alla ricerca della miglior prestazione.

Cosa significa per te l’andare oltre il limite?

Superare il limite per me significa esagerare: a volte é da stupidi perché dannoso, a volte serve per capire quando si è davvero raggiunto il punto di massima resa, che ovviamene non è mai il passare il limite!

La sconfitta che significato ha per te?

La sconfitta per me è un punto fondamentale da dove ripartire per raggiungere la vittoria.

Ci racconti che impatto ha avuto nella tua vita il grave incidente che hai avuto nel 1993…E in particolare: quali sono state le riserve infinite di energia che ti hanno permesso di superare i diversi “problemi” che hanno avuto seguito?

Spesso pensiamo che “le cose” capitino solo agli altri, ma in fondo gli altri siamo noi… non avrei mai pensato di dover un giorno affrontare una situazione così fuori dalla normalità, io non so dove fossero tutte queste energie, ma con il tempo sono venute fuori ed ho reagito; sicuramente il mio carattere è stato determinate, come lo è ancora oggi nello sport…ho preso il dover affrontare questa situazione come una sfida…quando non vinco…sono secondo!
Il tiro con l’arco è l’unica disciplina Olimpica dove disabili e normodotati gareggiano alla pari. Ci racconti meglio questo aspetto…
Beh, lo sport è fatto di regole e questa mi pare una delle più azzeccate se parliamo di sport ed integrazione. Negli ultimi anni si sta provando a fare lo stesso con altre discipline, ovviamente dove le condizioni lo permettono, vedi il tiro a segno per esempio, e credo che con uno sforzo maggiore da parte di chi ci “regola”, con il tempo potremmo aggiungerne altre.

Ci racconti del tuo “biglietto” per Rio con il bronzo ai recenti campionati del mondo in Germania…

Come di consueto mi sono preparato molto per questi Mondiali, la fiducia è maturata a Maggio, in Olanda in una gara dove sono arrivato secondo. Anche se il troppo caldo mi penalizza, sono arrivato pronto all’appuntamento. Certo un mondiale è una cosa a se, molti più avversari e tanti sconosciuti, ma se ti prepari bene e riesci a fare del tuo meglio, qualcosa porti a casa. L’obbiettivo era arrivare nei primi otto per avere la carta Paralimpica, poi… se l’appetito vien mangiando, mi sono ritrovato in finale per un bronzo che mi ha ripagato di tutti i sacrifici fatti. In poche parole è stato veramente fantastico! Un pieno di stimoli da spendere il prossimo anno.

In termini si strutture cose si potrebbe fare di diverso o di migliore in Italia per avvicinare un disabile alla tua disciplina? Dove vedi dei margini di miglioramento?

Facile: bisognerebbe smettere di pensare ai disabili come persone diverse. Parlando di strutture ti faccio un esempio: un bagno per non disabili lo usano solo i non disabili…un bagno per disabili lo usano TUTTI!!! Così le strutture, palestre, uffici, scuole, case, strade, marciapiedi etc.. quindi smettiamo di pensare “disabile” e le cose verranno da sole!